La notizia di questi giorni è una di quelle notizie che non avremo mai voluto sentire, soprattutto in un momento che si chiedono durissimi sacrifici agli italiani e che rende ancora più vergognoso lo sperpero di denaro pubblico destinato al finanziamento dei partiti.
Nonostante con il referendum del 1993, oltre il 90% degli italiani espresse la volontà di abrogare il finanziamento pubblico dei partiti, nello stesso anno il parlamento approvò una nuova legge che però si basava sul criterio del rimborso delle spese elettorali.
Nel corso degli anni questo sistema è stato modificato, trasformandolo di fatto in un vero e proprio finanziamento pubblico, tramutando di fatti i partiti in attori finanziari liberi da qualsiasi vincolo e controllo, interno ed esterno.
Dapprima Lusi, poi Belsito stanno portando alla luce un sistema troppo disinvolto di utilizzo di questi denari da parte dei partiti, mostrando il fianco ad un’opinione pubblica sempre più antipartitica, che leva da più parti la richiesta di eliminare totalmente il finanziamento pubblico.
È giusto però lasciare che i partiti si finanzino con un sistema, ad esempio, di donazioni private, che potrebbero limitare l’autonomia degli stessi nelle scelte politiche?
Si potrebbe pensare che un sistema misto, che coinvolga militanti, eletti e simpatizzanti con contributi volontari pur mantenendo l’istituto del finanziamento però profondamente riformato e basato solo esclusivamente sul rimborso a fronte di documenti fiscali, senza tralasciare l’introduzione dell’obbligo di redazione di bilanci trasparenti da sottoporre al controllo della Corte dei Conti.
Di certo è necessario che la politica intervenga quanto prima per evitare che quel solco formatosi tra elettorato e partiti diventi più profondo, alimentando un’antipolitica che fa tutt’altro che bene all’Italia, facendo per la prima volta qualcosa di veramente speciale, dare il buon esempio.
Marco Giganti
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